LETTERA APERTA DELLA COOPERATIVA SOCIALE ODISSEA
Ecco perché abbiamo deciso di non partecipare al nuovo bando CAS
In questi anni la Cooperativa Sociale Odissea ha sempre cercato di offrire un’accoglienza di qualità, puntando su una pluralità di servizi offerti che consentissero ai beneficiari dell’accoglienza la costruzione di percorsi di integrazione e inclusione sociale e lavorativa sui territori nei quali operiamo, favorendo l’autonomia delle persone.
Abbiamo da sempre sostenuto e messo in pratica il modello dell’accoglienza diffusa, rifiutando l’ottica delle maxi-strutture, privilegiando piccoli centri e appartamenti in grado di favorire e agevolare la costruzione di reti di vicinato e la reale inclusione dei beneficiari all’interno del tessuto sociale, culturale ed economico dei Comuni ospitanti.
Per garantire un servizio di qualità abbiamo assunto giovani del territorio, in maggioranza laureati, che negli anni si sono formati e specializzati all’interno delle strutture CAS che abbiamo gestito nella piana di Lucca, in Garfagnana e in Versilia.
Grazie a ciò, siamo diventati validi e credibili interlocutori di diverse istituzioni, amministrazioni locali, imprese, associazioni e cittadini, che si rivolgono a noi per servizi e consulenze, con cui tutt’oggi collaboriamo.
Dopo una profonda riflessione che ha coinvolto tutti i soci della Cooperativa abbiamo deciso di non partecipare al nuovo bando CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria) poiché riteniamo che non ci siano le condizioni minime per poter offrire un servizio che tuteli la dignità dei beneficiari, il lavoro dei nostri operatori e figure specialistiche e la possibilità di creare percorsi di integrazione che portino beneficio sia alle persone accolte che ai territori ospitanti.
Il nuovo bando smantella il modello dell’accoglienza diffusa, proponendo un nuovo sistema più adatto agli albergatori che non alle cooperative sociali: il ruolo dell’operatore, figura centrale nei percorsi di integrazione, viene ridotto alla “sorveglianza e controllo” degli ospiti; gli appartamenti e le piccole e medie strutture di accoglienza, centrali nel modello dell’accoglienza diffusa, diventano insostenibili economicamente, costringendo le realtà operanti a organizzare delle maxi-strutture con il rischio concreto di favorire l’emarginazione e fomentare il conflitto sociale tra i cittadini dei territori ospitanti e i beneficiari accolti; vengono tagliati servizi essenziali quali i corsi di lingua italiana e la possibilità di acquistare ed erogare medicinali agli ospiti affetti da malattie fisiche o psichiche; vengono drasticamente ridotti altri servizi quali la mediazione linguistico-culturale, la tutela legale e l’assistenza sociale.
Siamo molto dispiaciuti per tutte le persone ancora ospiti nelle nostre strutture e che sono coinvolte nei percorsi di integrazione avviati con noi. Ci rendiamo disponibili per collaborare con Prefettura e gli altri enti gestori affinché le soluzioni da intraprendere siano le più agevoli per gli ospiti e per il territorio che li ha accolti.
Pur consapevoli di ciò e delle conseguenze economiche ed occupazionali che dovremo scontare a fronte del nostro “No”, crediamo che sia la scelta giusta da compiere in questo difficile e complicato momento storico.
Riteniamo che un’altra accoglienza sia necessaria e possibile, per costruire una società coesa, solidale, aperta e inclusiva che tuteli i diritti di tutti.